Le ultime statistiche riportate dal quotidiano Il Sole 24 Ore segnalano che ogni giorno in Ungheria nasce almeno una società a capitale italiano. Si tratta principalmente di operatori che lavorano nel mercato commerciale all’ingrosso e al dettaglio (sono circa un terzo del totale), ma nutrita è anche la presenza di attività immobiliari (435 aziende, per un totale di 165 dipendenti e 46,7 milioni di euro di fatturato), manifatturiere (oltre 300 aziende), professionali e via di questo passo. Ma perché?
La ragione sembra essere semplice. Le società italiane che vanno in Ungheria sono particolarmente attratte da un fisco favorevole, talmente favorevole che si paga solamente il 9% per le società dal 2017 e 15% per le persone fisiche dal 2011. Un regime fiscale così conveniente che la Commissione europea ha voluto vederci chiaro, lanciando un’indagine che ha coinvolto non solamente l’Ungheria, quanto anche altri sei Paesi accusati di essere troppo aggressivi sotto il profilo fiscale, a svantaggio degli altri Stati dell’Unione europea.
Per quanto attiene una stima della presenza italiana in Ungheria, il conteggio è stato fatto dalla banca dati del gruppo Itl, nato dall’intuito dell’imprenditore veneto Alessandro Farina che, giunto proprio in Ungheria nel lontano 1992 (quando peraltro il regime fiscale era meno favorevole di oggi), a distanza di 3 anni ha fondato un gruppo che oggi assiste le imprese italiane che entrano nel mercato ungherese.
L’archivio di Itl Group ha oggi un ventaglio di ben 2.875 aziende, per un totale di oltre 26 mila dipendenti e un fatturato complessivo di oltre 3,4 miliardi di euro. In tale ambito spiccano 16 aziende grandi, intendendo per tali quelle con oltre 250 dipendenti assunti, con un totale di 13.710 lavoratori subordinati e un fatturato di oltre 1,1 miliardi.
Una popolazione sempre in crescita, che nei prossimi anni è prevista possa aumentare ulteriormente.